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ST. VINCENT – MUSICA E SEDUZIONE NELLE MASSE

Di Federica Lemme

Black saint, sinner lady
Playin’ knockoff soul
A punk rock romantic
Slumped on the kitchen floor
Nuns in stress position
Smokin’ Marlboros
Lolita is weeping
The bride is beautiful
(Masseduction)

Masseduction

St. Vincent

Solo qualche settimana fa, in Italia, hanno eletto il nuovo Presidente della Repubblica. In una confusione che regnava sovrana, sembrava che su una sola cosa i votanti fossero tutti d’accordo: doveva essere una donna. Alla fine, così non è stato. Nel Belpaese, già quando si parla di donne e musica, viene alla luce un pensiero incoerente. Basta fare un esempio: Carmen Consoli è definita una brava musicista, una bella donna, una persona di gusto. Al tempo stesso quando si parla della cantantessa in molti la giudicano antipatica, troppo attenta alla moda, dotata di una voce che infastidisce. 

All’estero le cose non vanno diversamente. Indipendentemente da come la si pensi politicamente, neppure negli Stati Uniti sono riusciti a eleggere Hillary Clinton. Nel Paese della presunta democrazia musicale, the boss Bruce Springsteen continua ad essere più amato di tante musiciste, compresa l’acclamata St. Vincent. 

Quando si nomina St. Vincent ancora in tanti storcono il naso: St. Vincent è troppo cool, St. Vincent non è sincera, St. Vincent è fredda. Qualcuno la definisce noiosa, riferendo che durante i trasferimenti in bus da una città all’altra gioca a Scarabeo, come fosse una macchia nera. Se sei musicalmente molto capace, incredibilmente bella, poco sorridente, frequentatrice dei giri giusti e della gente giusta, per te la strada sarà in salita.

Nata a Tulsa, Oklahoma, il 28 settembre 1982, e cresciuta a Dallas, in Texas, Anne Enin Clark incontra la musica da piccola. A dieci anni è in già fissa con Nirvana e Pearl Jam (che vanno a sommarsi a Led Zeppelin, Jimi Hendrix, PJ Harvey e molti altri), da adolescente suona in band heavy metal e hardcore, tanto che il primo concerto davanti a un pubblico arriva a quindici anni. Una volta diplomata segue in tour lo zio che suona nel duo Tuck & Patti. La sua è un’evoluzione personale fatta di piccoli e grandi passi, come quelli che la spingono a intraprendere studi musicali istituzionali presso il Berklee Music College di Boston, per poi lasciarli dopo qualche anno per unirsi ai Polyphonic Spree prima e alla band di Sufjan Stevens poi. È in questo periodo che Annie Clark comincia a lavorare sulla sua carriera solista e a esibirsi con il moniker (un riferimento a una canzone di Nick Cave ma anche un vecchio nome di famiglia) con cui raggiungerà la notorietà, purtroppo come un modello di perfezione quasi alieno. 

In un’epoca in cui le dive cercano di convincerti che sono proprio come te, in cui il pubblico vuole l’effetto una di noi, vero o bluff che sia, lei incarna un ideale di star irraggiungibile, inscena nella musica e in tutto ciò che le sta attorno il rapporto dialettico fra persona (Annie Clark) e personaggio (St. Vincent), rendendo difficile capire dove finisce l’una e comincia l’altro. Le masse non lo accettano da parte di una donna:  a un uomo tutto è concesso, nessuno si è sognato di avvisare Achille Lauro che presentarsi a Sanremo conciato come Iggy Pop toccandosi il pacco sarebbe stato fuori luogo.

Una ragazza non può nemmeno essere all’altezza del trasformismo estetico di David Bowie. Bisogna trovare all’artista femminile almeno un difetto, non può essere divina. Quante ne hanno dette su Madonna prima che invecchiasse? Il mondo ha sempre preferito musiciste imperfette, Amy Winehouse, Janis Joplin, persino la cassiera dell’Esselunga Giusy Ferreri. Così oggi i giornalisti riconoscono i meriti di St. Vincent, ma col beneficio del dubbio.  

Annie diventa una stella del trasformismo musicale ed estetico mentre suo padre sconta una lunga pena in carcere, eppure finisce sui rotocalchi per le storie con la top Cara Delevingne, e la diva Kristen Stewart. Secondo alcuni l’album Masseduction del 2017 ha avuto un successo non meritato per via del posizionamento della sua autrice sul mercato pettegolezzi dei media.

Oggi St. Vincent sarebbe famosa soprattutto per altri motivi, mica per la musica, scrivono sui giornali. Mentre lei collabora con musicisti del calibro di David Byrne o veste i panni di un’eroina che sembra uscire da un film anni Settanta di John Cassavetes, il pubblico la osserva incuriosito e divertito, pronto a non farsi abbindolare. A fregarti è sempre quella della porta accanto, che non è affatto incantevole, pure un po’ sciatta e senza il talento necessario, magari con figlio a carico. A far sciogliere i Beatles è stata Yoko Hono, non certo Nico dei Velvet Underground.