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SYS AL BARETTI, UN ANNO DOPO

appena-apro-gli-occhi-2015-Leyla-Bouzid-001Domenica 15 maggio 2016, alle ore 18 e 21 al cineteatro Baretti (via Baretti 4) è in programma il film APPENA APRO GLI OCCHI di Leyla Bouzid, il canto della libertà di una giovane regista tunisina. A un anno dall’inizio, proprio in quello stessa sala, della prima edizione del festival, Seeyousound è lieta di collaborare nella promozione di questo film: sconti speciali per chi si recherà al cinema con questo coupon.

Nel 2010, pochi mesi in anticipo sulla “primavera araba” la diciottenne Farah ottiene il diploma che, secondo la sua famiglia, dovrebbe permetterle di iscriversi alla facoltà di Medicina. I progetti della ragazza, però, sono altri: assetata di libertà, Farah è la cantante di una band di ragazzi il cui repertorio esprime la frustrazione e la ribellione dei giovani tunisini, costretti a vivere una vita senza prospettive dove ogni gesto e ogni parola possono essere censurati e puniti. Farah, che vive la sua prima storia d’amore col musicista Borhène, canta la sua sfida a un potere politico basato sulla delazione e la paura, frequenta bar per soli uomini e non si cura delle angosce della madre Hayet, donna tutt’altro che repressiva ma spaventata di quel che potrebbe accaderle. E infatti la polizia di Ben Ali spia i suoi passi, fino al giorno in cui la giovane viene sequestrata.

Appena apro gli occhi – canto per la libertà della trentenne tunisina Leyla Bouzid ha vinto numerosi premi internazionali; e, in effetti, non si può dire che manchi di meriti. A cominciare dai bei personaggi di Farah e di Hayet: la prima interpretata con una vitalità comunicativa da Baya Medhaffar; la seconda affidata alla cantante Ghalia Benati, che ne mette in risalto i tratti contraddittori e l’atteggiamento bivalente, fatto di ammirazione per l’energia giovanile della ragazza e, insieme, di paura per ciò che la sua indipendenza potrebbe costarle. Anche la progressione drammatica del racconto è ben dosata. All’inizio lo spettatore è conquistato dall’entusiasmo dei ragazzi che non vogliono sottomettersi al grigiore e alla violenza del regime dispotico: volontà condensata nel loro repertorio artistico, composto con i testi della regista e di Ghassen Amami e con le musiche di Khyam Allami. Poco a poco, però, s’instaura un’atmosfera di persecuzione e di paranoia, mentre intorno alla protagonista si fa il vuoto e tutti si mostrano convinti che sia lei stessa a cercarsi i guai. La messa in immagini è semplice ma esatta e le scene si avvalgono di una forte carica di realismo (si vedano, in particolare, quelle del bar per soli uomini, dove le comparse sono state trovate direttamente sul posto). Soprattutto, la regista pone molta cura nelle sequenze musicali, quelle dove la voce suggestiva di Baya Medhaffar intona la canzone, struggente e sconsolata, che dà il titolo al film.