7 INCH
Lo scorso febbraio (quando la chiusura dei luoghi pubblici assegnò alla 6° edizione di Seeyousound l’invidiabile record di primo festival italiano cancellato causa Covid) i giurati della sezione 7Inch rilevarono tra le opere selezionate la condivisione di uno spiccato dark mood, da fine del mondo. Noi programmatori non avevamo stabilito a priori alcun fil rouge da percorrere nella scelta dei film – non lo stabiliamo mai – ma, quando la giuria ci prestò questa osservazione, l’esistenza di un’origine comune a tutti i lavori si palesò davanti ai nostri occhi. Avevamo chiuso la selezione molto prima, intorno a novembre 2019, ma forse il cinema aveva già fagocitato gli indizi che suggerivano da tempo l’imminenza di uno sconvolgimento nello stato delle cose. E così dovevamo aver fatto noi, inconsciamente, cogliendo nei cortometraggi scelti l’avvertenza di qualcosa di invisibile che tuttavia ci sentivamo addosso. Ora che videomakers di ogni sorta e di tutto il mondo si sono confrontati a viso aperto con la materia esplicita di quei presagi, all’interno delle espressioni culturali e spettacolari il dark mood apocalittico sembra ridefinirsi nel raccontare l’esperienza della solitudine, dell’isolamento, dell’estraneità a fenomeni relazionali di qualsiasi grado. A un’occhiata superficiale, ecco l’inconscio fil rouge ex post che lega i cortometraggi di quest’anno, fra adolescenze inquiete (luogo privilegiato di solitudini e misurazioni dei rapporti con l’altro), reclusioni più o meno forzate, esclusioni sociali, impasse esistenziali. Tutto giusto. Salvo che poi, guardando meglio, forse la cerniera fra ognuno dei titoli è un’altra, sound a parte ovviamente: l’avvenire di una transizione. Un passaggio, un superamento di condizione – o almeno, una tensione al superamento. Gli “esclusi” di Mamba Negra rivoltano le strade con le loro istanze. La voce femminile di Lip Service cerca il suo spazio. Il pensionato di Sousaphone si gode, finalmente, il mare. I ragazzi di Nocturnal Journey e Don’t Change the Topic arrivano con dolore al punto (di non ritorno). I liceali di The Devil’s Harmony dichiarano il proprio amore fuori categoria. Il pianista di Eli – con la sua t-shirt dei Black Flag – evade e vola via, e il moto di Flow procede perpetuo. E, in questo momento storico dove quasi nulla pare avere senso, il nonsense di Fin de saison e Jusq’à l’os si fa movimento ironico verso un futuro ancora possibile. Senza troppa psicologia un tanto al chilo né becero ottimismo da balcone, può darsi fosse ciò che ci sentivamo – che volevamo sentirci – addosso stavolta.
Matteo Pennacchia, Sara Bianchi, Chiara Rosaia / Curatori