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ON SET: JOHN LYDON

di Matteo Pennacchia

Per molti, dimentichi del peso specifico dei PiL nella musica alternativa dopo la vampata punk del Settantasette, John Lydon è e sempre rimarrà Johnny Rotten. Capelli arancioni, sguardo da pazzo, voce sguaiata, vestiti a brandelli, l’icona impressa sulla superficie dell’immaginario collettivo seconda solo al compagno di sventure Sid Vicious, morto giovane dunque mito per elezione.

Dopo la grande truffa dei Sex Pistols, dopo i primi due album dei PiL, dopo le nevrosi percussive e dissonanti del terzo “The Flowers of Romance”, Lydon si ritrova a New York. Non per cantare: per recitare. Per quella che in carriera è finora la sua unica vera prova d’attore, escludendo il ruolo nei documentari di Julien Temple, i camei (ultimo dei quali per “Song to Song” di Malick) e il pilot di una serie mai sviluppata in cui avrebbe dovuto interpretare una versione alcolizzata della Morte. Le sue incursioni reality-televisive sono altra e alta cosa e le lasciamo dove sono.

È il 1982, il film si chiama “Copkiller”, è diretto da Roberto Faenza ed è un thriller debitore tanto di Scorsese e Friedkin quanto dei poliziotteschi di casa nostra. Lydon interpreta uno psicopatico masochista e manipolatore che si lega in una relazione perversa con uno sbirraccio, Harvey Keitel, implicato in un’indagine su un serial killer di poliziotti. Keitel fa le prove generali per il cattivo tenente che verrà, Lydon busca copiose mazzate.

Memorabile o no, il film mette a rischio il futuro dei PiL (che inizialmente avrebbero dovuto curarne la colonna sonora, passata poi a Morricone). Con Lydon in America, in Inghilterra il chitarrista Keith Levene mixa per i fatti suoi le tracce del nuovo disco e zitto zitto le presenta alla Virgin. Seguono litigi interni, ri-registrazioni e l’uscita di Levene dal gruppo. Accontentiamoci: il risultato è “This Is What You Want… This Is What You Get”, album che oltre a contenere il singolo di maggior successo commerciale dei PiL (“This Is Not a Love Song”), contiene anche una canzone ispirata al film di Faenza: “The Order of Death”.